Il dream gap e il messaggio Barbie: “Nella vita puoi essere quello che vuoi”. La collaborazione con Samantha Cristoforetti per aiutare “bambine e bambini a sognare un futuro senza limiti”.

Anche la nostra Samantha Cristoforetti è ora parte attiva di un progetto Barbie senza confini: l’iniziativa è globale e investe ogni ambito sociale e professionale, volta a sensibilizzare l’attenzione pubblica su quei fattori che, ad oggi, impediscono alle bambine di esprimere tutte le loro potenzialità. Il progetto prende il nome di Barbie DreamGap Project: è pluriennale e pensato per far crescere la consapevolezza in ognuno di noi verso un tema di così forte impatto sociale, ma di cui si parla ancora
così poco.


Ersilia Vaudo Scarpetta, astrofisica e responsabile del progetto “diversità e inclusione” dell’Agenzia Spaziale Europea, ci spiega che “nasciamo tutti come esploratori, senza differenze di tipo cognitivo, eppure a una certa età, fra i 6 e gli 8 anni, interviene l’ambiente e qualcosa cambia. Gli stereotipi sono ancora forti: a parità di capacità le famiglie si aspettano ancora che siano i figli maschi a intraprendere carriere d’ingegneria mentre le femmine vadano verso la medicina”. È una ricerca mondiale quella sul dream gap che ha dimostrato, come anticipato, che a partire dai cinque/sei anni, la maggior parte delle bambine inizia ad auto-limitare le proprie capacità e a mettere in dubbio il proprio potenziale: è un gap (un divario) che sta separando le nostre bambine dalla realizzazione dei propri sogni. Gli stereotipi culturali, i pregiudizi impliciti e la rappresentazione nei
media lavorano insieme per fomentare questo gravissimo problema sociale; il termine dream gap è di origine anglosassone, ma il trend è simile in tutto il resto del mondo.


Roberta Sauriano, brand manager di Barbie Italia, ci spiega come la ricerca ha individuato che le bambine di quell’età cominciano a perdere fiducia in sé stesse, iniziando a pensare di non essere adatte a certi tipi di attività. Ed è su queste premesse che si instaura il progetto di Barbie, volto a
rappresentare la diversità e le infinite possibilità riservate alle donne, raccontando, attraverso la creazione delle bambole, il successo al femminile in tutti i campi professionali. Ed ecco che, tra le altre bambole “one-of-a-kind” dedicate a donne viventi che hanno raggiunto obiettivi ambiziosi, tutte parti della nuova collezione Barbie “Insipiring Women”, troviamo la nostra astro-Cristoforetti, lei che è aviatrice, ingegnere, astronauta e la prima donna italiana a far parte della squadra dell’Agenzia Spaziale Europea.


La creazione di questa bambola è ancor più significativa perché proprio nelle materie cosiddette “Stem” – scienza, tecnologia, ingegneria e matematica – esistono i più gradi divari per quanto riguarda maschi e femmine; Samantha è più felice che mai che le bambole oggi riflettano non solo la forma del corpo di donne reali, ma anche l’intera gamma delle loro conquiste professionali e spera che “questo aiuterà ragazze e ragazzi a immaginare il loro futuro senza essere costretti da limiti artificiali, che non
hanno posto nel nostro tempo”. Oltre alla Cristoforetti, Barbie ha annunciato almeno altri 50 modelli tra cui la nostra atleta pluripremiata Bebe Vio, la giornalista Alberta Ferretti, la calciatrice capitano della nazionale italiana Sara Gama e la chef Rosanna Marziale. E non finisce qui. Barbie collabora a livello mondiale con alcuni brand per creare una nuova linea internazionale di giocattoli che riflettano i cinque nuovi sport
aggiunti al programma olimpico di Tokyo (ex 2020) – baseball, climbing, karate, skatebording e surfing – per permettere alle giovani generazioni di approcciarsi a nuovi sport come atlete e come fans.


Inoltre, Barbie sostiene la ricerca presso la New York University proprio sul Dream Gap, al fine di sviluppare un curriculum scolastico che affronti questo tema e – finalmente – lo superi. Ecco penso che dobbiamo sentirci tutti chiamati in causa in questa battaglia, uomini compresi. Abbiamo il dovere di lasciare le nuove generazioni libere di essere ciò che vogliono: pensate a cosa sarebbe successo se avessimo impedito a Margherita Hack, a Rita Levi Montalcini, a Ruth Bader Ginsburg di esprimere sé stesse, se i loro genitori le avessero fatto vivere stereotipi e pregiudizi capaci di farle desistere dalle loro aspirazioni. Avremmo certamente perso “pezzi” di storia dell’umanità e chissà quanti ne abbiamo persi comunque.
Forse non è il caso di perderne ancora.


Chiara Aldegheri
Dottoressa in giurisprudenza