Già 750 veronesi hanno detto ‘sì’. A breve tutti i 1.515 cittadini coinvolti, 18 mesi fa, nella prima fase dello studio epidemiologico sul Covid coordinato dall’Ospedale di Negrar, verranno presto ricontattati. E a fine novembre sarà realizzata la seconda indagine, sugli stessi soggetti, un anno e mezzo dopo. Obiettivo stimare l’incidenza di infezione attiva oggi, rispetto ad aprile-maggio 2020, quantificare le persone che hanno sviluppato una risposta degli anticorpi grazie all’infezione o al vaccino, quanti hanno ricontratto il Covid e quali sono le patologie o le disfunzioni a lungo termine causate dal virus. Si tratta dell’unica indagine epidemiologica su campione statisticamente rappresentativo condotta finora in Italia.
I cittadini saranno invitati a recarsi dal 22 al 28 novembre al Centro diagnostico terapeutico di via San Marco. L’indagine è condotta in collaborazione con il Comune, l’Università di Verona, l’Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata e l’Ulss9.
Questa mattina, in Municipio, il sindaco Federico Sboarina ha presentato la seconda fase dello studio, insieme al responsabile della Pneumologia di Negrar e coordinatore dello studio Carlo Pomari; all’epidemiologo Massimo Guerriero; al direttore generale dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata Callisto Bravi, al direttore generale dell’Ulss 9 Pietro Girardi; al direttore del Dipartimento di Diagnostica e Sanità pubblica dell’AOUI Albino Poli, in rappresentanza del Rettore; alla direttrice del Dipartimento di Malattie Infettive dell’AOUI Evelina Tacconelli.
“Ancora una volta c’è una grande squadra pronta a scendere in campo per la città, con progetti all’avanguardia, in questo caso di tipo medico-scientifico – spiega Sboarina -. Questa seconda fase dell’indagine sarà fondamentale e ci darà risultanze importanti. I dati raccolti avranno anche un valore sociale e permetteranno agli amministratori di tarare le decisioni in materia di sicurezza e sanità pubblica, ordinanze comprese. Come ripeto da giorni, anche se siamo nella fase di ripresa, e quindi ben vengano gli eventi, e le tante presenze in città, occorre responsabilità e attenzione. Mascherina e distanziamento vanno mantenuti. Ma avere degli strumenti scientifici ulteriori sarà determinante nella lotta contro il virus”.
“A distanza di un anno e mezzo – afferma Pomari – questa seconda fase dello studio ci permetterà di rivedere gli stessi soggetti, osservarne le funzioni respiratorie e, in chi aveva già contratto il virus, tracciare la scia di disturbi lasciata dal Covid. Inoltre, rispetto alla prima volta, potremo verificare l’andamento degli anticorpi in coloro che erano già stati positivi e in chi si è vaccinato, rilevando anche i casi di reinfezione nonostante l’immunizzazione. La metà dei veronesi interpellati ha già confermato l’adesione, ci aspettiamo una risposta affermativa anche dagli altri”.
“Dalla prima fase emerse che solo il 5 per cento dei veronesi era venuto a contatto con il Covid – sottolinea Guerriero -, ma che tantissimi erano ancora suscettibili. Con questa seconda fase potremo accertare cosa è successo in questi 18 mesi. Avremo una stima del virus attivo e dell’incidenza sulla popolazione. Uno studio unico in Italia, rappresentativo di tutti i 230 mila cittadini con più di 10 anni, che ci darà importanti informazioni cliniche sul long Covid, ossia sui problemi riportati dal circa 50 per cento degli adulti infettati e dal 15 per cento dei bambini”.
“Uniamo le forze per studiare ancora più approfonditamente il long Covid, che in Azienda Ospedaliera stiamo monitorando con un ambulatorio dedicato che ha 1.100 pazienti – dice Tacconelli -. Tante sono le patologie psichiatriche e psicologiche riscontrate dopo 6 mesi dall’infezione, non solo in chi è stato ricoverato ma anche in chi è rimasto in isolamento a casa. Vedremo le differenze tra chi ha avuto l’infezione e chi è stato vaccinato anche sullo sviluppo degli anticorpi. E poi l’immunità personale sviluppata dai soggetti che aderiranno all’indagine”.
“Uno studio interessantissimo – dichiara Poli – che ci permetterà di capire meglio l’andamento dell’epidemia, così come la reale copertura immunitaria. L’Università di Verona è orgogliosa di fare parte di questo progetto e dell’unico monitoraggio statisticamente rappresentativo d’Italia”.
“Orgogliosi di avere sul territorio uno studio scientifico di questa valenza – afferma Girardi -. L’augurio è che i risultati arrivino dopo la fine della pandemia. Dobbiamo incidere sulla campagna vaccinale e utilizzare tutte le misure di prevenzione perché i contagi crescono e le persone non sanno quando e dove si sono infettate. A livello ospedaliero stiamo aumentando i posti letto per essere pronti, ma speriamo non serva. Al momento puntiamo a recuperare le prestazioni non erogate nei mesi più difficili”.
“L’80 per cento di chi arriva in Terapia intensiva non è vaccinato – conclude Bravi -. Ricordo che ci sono terapie alternative come quelle monoclonali alle quali si può accedere. E Verona è la prima Azienda per erogazioni di questo tipo. Dobbiamo proteggerci il più possibile, con tutti gli strumenti a nostra disposizione”.