Covid-19 e cervello: sintomi, complicanze e ripercussioni sulla gestione delle malattie neurologiche

Lo studio multicentrico NeuroCOVID della Società Italiana di Neurologia
sta raccogliendo informazioni sui pazienti che sono o sono stati affetti da Covid
per valutare possibili implicazioni a lungo termine sul sistema nervoso
23 Dicembre 2020 – Il Covid, come può colpire organi come polmoni, cuore, rene, può anche
colpire il cervello e con due implicazioni nelle malattie neurologiche, manifestazioni neurologiche
direttamente indotte dall’infezione e grosse ripercussioni sulla gestione delle malattie
neurologiche legate all’emergenza come dimostra uno studio recentemente pubblicato che ha
evidenziato gli effetti comportamentali e psicologici della quarantena nei pazienti con demenza:
peggioramento di sintomi comportamentali e psicologici della demenza come apatia (34,5%),
depressione (25%), ansia (29%), disturbi del sonno (24%), irritabilità (40,2%), agitazione (30,7%) e
un nuovo inizio di sintomi comportamentali e psicologici della demenza quali disturbi del sonno
(21,3%), irritabilità (20,6%), apatia ( 17%) e aggressività (13%). E’ quanto è emerso durante il
webinar “Organopatia da Covid-19. Diagnosi, terapia e follow up” organizzato da Motore
Sanità.
Sono molteplici i quadri neurologici che possono insorgere nelle varie fasi dell’infezione: sintomi
a livello del sistema nervoso centrale come cefalea, vertigini, disturbi dello stato di coscienza
(confusione, delirium, fino al coma), encefaliti da infezione diretta del virus o su base
autoimmune, manifestazioni epilettiche, disturbi motori e sensitivi, spesso legati a ictus
ischemici o emorragici; sintomi a livello del sistema nervoso periferico come la perdita o
distorsione del senso dell’olfatto, del gusto, sofferenza diretta o su base immuno-mediata dei
nervi periferici (neuralgie, sindrome di Guillan-Barrè), nonché sintomi da danno muscolare
scheletrico, che si manifestano con mialgie intense, spesso correlate a rialzo di enzimi liberati dal
muscolo (CPK), espressione di danno muscolare diretto. Ma, come è stato segnalato per altri
organi, si possono manifestare complicanze neurologiche post Covid: in circa il 30% dei soggetti
trattati presso gli ambulatori post Covid, oltre ad astenia, che è il sintomo più comune, si è
osservata difficoltà di concentrazione o veri e propri disturbi di memoria, e ora i neurologi stanno
cercando di documentare quali sono le aree cerebrali che posso maggiormente essere colpite, con
valutazioni neuropsicologiche o con la risonanza o con esami di imaging. Si possono inoltre
manifestare patologie neurologiche legate ad alterazioni delle pareti vasali, alterazioni della
coagulazione, liberazione delle citochine pro-infiammatorie, infiammazione della parete dei vasi e
la produzione di autoanticorpi.
Proprio per il rischio importante di complicanze durante l’infezione e di conseguenze anche dopo
l’infezione, la Società Italiana di Neurologia (SIN) ha promosso lo studio multicentrico
NeuroCOVID sulle manifestazioni neurologiche durante l’infezione con l’obiettivo di raccogliere
informazioni sui pazienti che sono o sono stati affetti da Covid relative alla specifica
sintomatologia clinica neurologica manifestata, ad esami eventualmente eseguiti per evidenziare
un interessamento del sistema nervoso e sul decorso della sintomatologia allo scopo di valutare
possibili implicazioni a lungo termine sul sistema nervoso. Lo studio è partito a marzo con
l’esplosione della pandemia e il reclutamento si protrarrà fino al giugno 2021 con un follow-up che
dovrebbe protrarsi fino alla fine dell’anno prossimo. Allo studio hanno già aderito 48 unità di
neurologia nel territorio italiano e altre stanno chiedendo l’adesione.
“Si osserva un legame della proteina Spike del virus ai recettori ACE2 e Neuropilina1, presenti sia in
cellule epiteliali, che vascolari, che nervose – ha spiegato il Professor Carlo Ferrarese, Direttore del
Centro di Neuroscienze di Milano, Università di Milano Bicocca e Direttore della Clinica
Neurologica, Ospedale San Gerardo di Monza -. L’ingresso del virus al cervello può essere
ematogena ma soprattutto guidato dal nervo olfattorio e dal nervo vago, che innerva polmoni e
l’intestino, e giunto al cervello può rapidamente diffondersi tra le varie cellule nervose, negli
astrociti, e negli studi autoptici che sono stati fatti in soggetti deceduti con infezione, è stato
osservato proprio il virus nelle cellule cerebrali”.
Le patologie che vengono osservate, come ad esempio le encefaliti, hanno spesso una base
autoimmune. “In alcuni casi – ha proseguito il Ferrarese – sono legate al danno del virus, ma in
molti casi si sono risolte con massicce dosi di steroidi seguite da plasmaferesi oppure da
somministrazione di immunoglobuline, come accade nella malattia di Guillan-Barrè, i cui casi si
manifestano a volte già all’esordio della sintomatologia Covid, a volte a distanza di tempo, quindi è
come se la risposta immunitaria favorisse proprio queste patologie sia a livello del sistema nervoso
centrale che periferico”.
A tale proposito “l’esercizio di per sé ha un effetto terapeutico perché ha effetti di
neuromodulazione e di modulazione anche della risposta immunitaria in funzione dell’intensità di
esercizio – spiega Franco Molteni, Direttore UOC Recupero e Riabilitazione Funzionale Villa
Beretta Costa Masnaga -. Altro elemento da non sottovalutare in questi pazienti è la risposta del
sistema vegetativo all’esercizio che è spesso alterata e che probabilmente è implicata nella
sindrome da fatica cronica che stiamo osservando in questi pazienti. Questi due elementi
andrebbero visti in modo molto approfonditi nel lungo periodo”.
Infine, la pandemia ha avuto una enorme ripercussione sulla gestione delle malattie neurologiche.
“La chiusura degli ambulatori, soprattutto nella prima fase, la difficoltà stessa di pazienti che
hanno avuto ansia a recarsi al pronto soccorso per le loro patologie e quindi non sono stati seguiti,
e lo stesso lockdown che ha costretto a casa pazienti con la demenza hanno fatto registrare un
netto peggioramento del quadro dei disturbi comportamentali o addirittura la comparsa di
nuovi disturbi comportamentali in soggetti affetti da demenza, come testimonia uno studio
recentemente pubblicato – ha concluso il Professor Ferrarese -. Stiamo cercando di attrezzarci con
la telemedicina, con collegamenti via internet e telefonici, seppur non è la stessa cosa che seguire
direttamente questi pazienti. Le patologie neurologiche hanno avuto un grosso impatto da questa
pandemia, stiamo cercando di monitorarle e vedremo anche a distanza di tempo quale sarà lo
scenario”.