Ventuno rii dragati in circa un anno per un investimento complessivo di 3,5 milioni di euro finanziati dal Patto per lo sviluppo di Venezia. Continua lo scavo in umido dei canali della città antica, un intervento di ordinaria manutenzione coordinato da Insula e voluto dall’Amministrazione comunale con un doppio obiettivo: garantire la salubrità della città e assicurare la navigabilità dei canali. Questa mattina a riprendere i lavori nel canale dei Priuli, sotto ponte de le Vele, c’erano anche le telecamere di National Geographic Channel, in città per documentare con un reportage i lavori di manutenzione della città.
“Venezia – spiega il consigliere delegato alla Tutela delle tradizioni, Giovanni Giusto – ha sempre scavato i rii”. “C’è stata un’interruzione importante tra il 1965 e il 1995 – aggiunge Nicola Picco, presidente di Insula spa – periodo durante il quale un po’ per mancanza di finanziamenti e per criticità varie, l’attività è stata sospesa. Dal 1997, con la nascita di Insula, braccio operativo dell’Amministrazione comunale per la manutenzione urbana, grazie a un flusso di finanziamenti fino a 40 – 45 miliardi di lire, il lavoro è ricominciato per poi subire un nuovo stop quando le risorse sono venute meno”.
Il nuovo intervento, avviato nel mese di novembre 2018 prevede lo scavo di 21 rii del centro storico, (per un totale di 13.500 metri cubi di fanghi asportati) individuati, in collaborazione con Suem 118 e Vigili del fuoco, tra quelli considerati prioritari dopo aver svolto anche analisi batimetriche. Finora gli operai di Insula hanno già provveduto a dragare i rii dell’ex piscina Rari Nantes, di Bacino Orseolo, San Daniele, Ca’ Widmann, Gozzi/Sartori per un totale di 3mila metri cubi di fanghi. Da maggio i tecnici sono al lavoro in rio del Ghetto e rio di santa Sofia. Nel mese di luglio l’attività continuerà in rio de Ca’ Tron e dei Meloni.
I fanghi di tipo C vengono stoccati all’isola delle Tresse, i fanghi di categoria oltre C (cioè con caratteristiche qualitative peggiori) verranno portati invece in impianti idonei per il trattamento.
“Ogni anno – continua Picco – maturano un paio di centimetri di sedimento per ogni rio, costituiti da carico antropico e sedimenti naturali. Lo scavo in umido è cosa diversa rispetto a ciò che si faceva tanti anni fa (a secco) però permette, dal punto di vista dell’estensione, di operare su un numero maggiore di canali. Dopo aver sgomberato il canale dalle imbarcazioni (in questo caso ormeggiate nelle darsene Quintavalle, Celestia, Misericordia) si comincia con lo scavo. Si evita di scavare in prossimità delle rive e dei palazzi, tenendosi a un metro di distanza rispetto alle sponde. Parallelamente viene eseguita una manutenzione delle rive”.
Un metodo meno impattante ma altrettanto efficace – assicurano i tecnici – rispetto a quando due parancole chiudevano il rio all’inizio e alla fine e lo scavo avveniva a canale prosciugato: “Togliere l’acqua voleva dire alterare l’equilibrio di una città che vive su questo elemento. Era un’operazione difficile, complicata e sicuramente più costosa che ai tempi portò anche qualche contenzioso”, sottolineano.
Sulla fondamentale importanza dello scavo dii rii pone l’accento il consigliere Giusto che afferma: “A Venezia le strade sono i rii e finché possono essere percorsi c’è la possibilità di spostarsi per la città. Se oggi esistono la laguna e i canali di Venezia è grazie all’intervento dell’uomo. Scavare i canali non vuol dire andare contro natura ma mantenere inalterato il nostro ambiente che la natura altrimenti distruggerebbe trasformando Venezia in un pezzo di terra vicino al mare”.