Un Cristo sulla croce privato delle braccia, al suo capezzale donne velate dal burqa blu. E’ di forte impatto l’installazione artistica che da domani fino al 18 dicembre viene ospitata in municipio, nella sala al primo piano collegata all’atrio.
Si tratta di “Herat. Ora Nona”, opera del maestro scultore Ernesto Lamagna, accademico pontificio dei Virtuosi al Pantheon. L’Opera – che di recente è stata esposta al Mart di Trento e Rovereto su invito di Vittorio Sgarbi – arriva a Verona con la curatela dello stesso Vittorio Sgarbi, di Alessandro Carone e Federico Martinelli, quest’ultimo organizzatore dell’evento ed editore della pubblicazione tramite la casa editrice Quinta Parete.
Il progetto espositivo, che gode del patrocinio del Comune di Verona, è una riflessione sulla situazione dell’Afghanistan e sulla condizione delle donne che vi abitano, una realtà a dir poco drammatica che l’artista ha potuto constatare personalmente durante un viaggio ad Herat.
Proprio nella città afgana, infatti, Lamagna tenne qualche anno fa un corso a studenti della scuola d’arte, dove giunse per tramite del veronese tenente colonnello Alessandro Scarone, all’epoca in missione con l’Esercito proprio ad Herat.
Da domani fino al 18 dicembre la mostra sarà aperta tutte le mattine, festivi esclusi, dalle 10 alle 13. L’ingresso è libero con green pass e mascherina. Inaugurazione venerdì 3 dicembre alle 18 alla presenza della autorità.
L’iniziativa è stata presentata oggi dagli assessori alla Cultura Francesca Briani e al Decentramento Marco Padovani. Presenti i curatori della mostra, il colonnello tenente Alessandro Carone e Federico Martinelli di Quinta Parete, oltre a Brino Maida, vicepreside dell’Istituto tecnico di Stato Cangrande della Scala, che ha fornito i supporti tecnologici necessari alla realizzazione della mostra.
“E’ con grande piacere che ospitiamo questa installazione – ha detto Briani -. Un’opera il cui messaggio ci coinvolge in modo particolare e che rientra a pieno titolo tra le tante iniziative organizzate dall’Amministrazione in occasione della giornata mondiale contro la violenza sulle donne. Il burqa che le donne afgane sono costrette ad indossare, non solo impedisce loro di vedere il mondo, ma vieta anche di parlare, una violenza psicologica oltre che fisica che non tutte, come ci dicono i dati, riescono a sopportare, preferendo il suicidio a tale condizione”.
“Una mostra dal forte impatto emotivo, che farà certamente riflettere chi verrà a visitarla – ha aggiunto Padovani -. Ringrazio quanti hanno collaborato per il suo allestimento, in tempi davvero veloci, ma l’obiettivo era inaugurarla ai primi di dicembre”.
“L’opera è nata da una forte esperienza di Lamagna in Afghanistan- aggiunge Martinelli -. L’intensità e lo strazio del Cristo, con il suo viso che gronda disperazione, diventa messaggio universale di immedesimazione nella sofferenza dell’Umanità tutta. Una lacerazione che contorce il costato, in un corpo macerato che, pur sembrando impossibilitato ad abbracciare l’Umanità in quanto raffigurato privo di braccia, avvolge tutti nel suo Piano della Salvezza”. “Ero in Afghanistan come maggiore degli Alpini quando Lamagna fu invitato, su mia richiesta, dal Ministero degli Esteri, per tenere un corso di pittura ai giovani studenti dell’Università di Herat. L’arte nasce da eventi intensi e da esperienze, come questa, che lasciano il segno” ha concluso Carone.